Stavo rileggendo la parte del libro “Alla Faccia del Pazzo” dove parlo di me come un robot, assetato di potere e alla continua ricerca della perfezione in tutto e tutti.
Fallire era impensabile: ogni cosa doveva stare al suo posto, secondo un ordine scientifico e maniacale.
L’imperfezione non era contemplata nella mia vita. L’imperfezione non era sinonimo di successo. L’imperfezione non mi aiutava a ricoprire un ruolo da protagonista.
Tutto questo mi allontanava dalla parte più autentica di me, quella a cui non davo voce e che prepotentemente si è manifestata, nella sua poderosità, attraverso l’esordio psicotico della malattia mentale.
Ebbene sì! Uno degli insegnamenti della malattia mentale è stato che l’imperfezione ti rende autentico, riconoscibile, genuino e alla portata di tutti.
L’imperfezione ti consente di essere fallibile e quindi umano.
L’imperfezione ti consente di essere al pari degli altri e di farti percepire come uno di loro.
Da qui il mio nuovo motto: “Fatto è meglio che perfetto”
E tu, che rapporto hai con l’imperfezione?
Buon lavoro!
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