Si è da poco conclusa la mia prima ed unica esperienza di lavoro in un ambiente
protetto.
Sono Guido, ho 24 anni e ho svolto una borsa lavoro in ambito salute mentale che ha
come finalità, l’acquisizione di competenze volte ad incentivare processi virtuosi di
inclusione sociale e professionale.
Mi ricordo bene il giorno del colloquio con la psichiatra dei servizi. Io impacciato,
senza alcuna esperienza di colloqui, ma con una preparazione unica nel suo genere
in merito alla malattia mentale, ai suoi effetti clinici e sociali. Sì, lo posso dire, in
questo sono più che competente, direi quasi dotto.
Il Colloquio non era di quelli classici con head hunter in cerca delle migliori menti sul
mercato. In questo tipo di colloquio il fattore malattia aveva il suo peso e valore.
Maggiore era la capacità di descrivere fatti, emozioni, sentimenti maggiori erano le
possibilità di essere “assunto”.
Ed io, quella prova, la superai a pieni voti. La malattia, questa strana compagna di
viaggio, per una volta ha rappresentato un’opportunità, un motivo di merito.
Superato il colloquio, giunse il periodo prova, presso il centro di riabilitazione
psichiatrica specializzato nell’inserimento lavorativo di sofferenti psichici, con attività
quotidiane e routinarie tali da comprovare le mie capacità di rispettare orari e
impegni di lavoro.
Ed infine l’assegnazione della sede con mansioni, compiti, orari, colleghi e superiori.
Un mondo tutto nuovo, stimolante e arricchente dinanzi a me.
In quei sei mesi ho fatto più progressi che in cinque anni di malattia mentale. Ed è
proprio questo il punto.
Non riesco più a tornare al me stesso di un tempo, rinchiuso in casa e senza uno
scopo professionale che arricchisca le mie giornate.
La borsa lavoro è giunta al termine ed io, smarrito, non so che fare.
Ci si abitua facilmente al meglio per se stessi e per gli altri. È stato stupendo provare
l’ebbrezza del primo rimborso spesa. Quei soldi, per la prima volta sudati, testimoni
di autonomia ed indipendenza.
Ma come si può tornare indietro? Come posso continuare il mio percorso di
autonomia?
Da qui l’idea di rivolgermi ad un Facilitatore Sociale della Salute Mentale che mi
aiutasse nella ricerca attiva di una nuova occupazione, con tutte le difficoltà del
mercato del lavoro odierno e tenuto conto delle mie fragilità personali.
Desideravo tentare un percorso di crescita professionale felice, costellato di punti di
domanda e svolte personali generatrici di nuove consapevolezze.
Un percorso ricco di attività, tra cui la redazione della “Mappa Professionale” con
l’indicazione di competenze, obiettivi e strategie di ricerca attiva di posizioni
professionali in linea con il mio background e i miei valori personali e professionali.
Con il tempo e attraverso un lavoro costante e continuo, sono riuscito a rimettermi
in gioco ed ora sono pronto a sostenere i primi colloqui di lavoro.
Con positività, grinta ed ottimismo, attendo la mia nuova occasione, consapevole
dell’enorme lavoro fatto su me stesso di progettazione di una identità professionale
nuova di zecca.